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Gli strumenti digitali sono ormai entrati nelle nostre scuole in maniera irreversibile anche se in realtà la tecnologia è stata introdotta nelle aule delle scuole pioniere già dal 2007 con le prime LIM e poi in modo ufficiale dal 2015 con la riforma conosciuta come “Buona Scuola” in cui si utilizza per la prima volta il termine “scuola digitale” e si fa riferimento ad un documento ministeriale chiamato Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) che contiene le direttive sociali, economiche, politiche rivolte alla creazione e divulgazione della scuola digitale.
Una scuola in cui la classe reale e l’insegnamento tradizionale si accompagnano fianco a fianco ad una classe virtuale creata dalle nuove tecnologie che permette di aver accesso alle infinite risorse del web e di poter continuare ad apprendere, confrontandosi con insegnanti e compagni di studi anche al di fuori della scuola reale. Si accompagnano così i ragazzi verso un apprendimento che duri tutta la vita e a cui possano accedere in qualsiasi luogo e momento grazie ad un utilizzo corretto del web che viene insegnato loro tra i banchi di scuola.
I vantaggi inoltre si estendono a tutta la famiglia: infatti con la dematerializzazione dei servizi non solo si può accedere alla burocrazia da casa, ma grazie al registro elettronico diventa più semplice, soprattutto nelle scuola medie e superiori, monitorare l’apprendimento del ragazzo, le sue assenze o presenze…
Peccato che paradossalmente in molte scuole in Italia ancora oggi la presenza di una LIM, o di un PC in dotazione, sia un’utopia e che spesso non siano presenti sufficienti risorse economiche per colmare un gap generazionale tecnologico per perseguire un’adeguata innovazione in tutto il nostro sistema scolastico.
Pare che ancora pure il personale scolastico ed educativo non risponda ai requisiti minimi di sistema… Che non si riesca a raggiungere un buon compromesso tra la “Buona Scuola” e una “Scuola Buona”.
Come cambia l’insegnamento?
La società odierna richiede il potenziamento di capacità creative, logiche, di flessibilità e utilizzo delle strumentazioni digitali, accompagnate dalla capacità di saper collaborare e saper utilizzare il web in modo cosciente e produttivo. Come fare per conciliare questo senza che la scuola possa tralasciare nulla di ciò che già insegnava?
Il metodo migliore è l’uso della pedagogia laboratoriale ossia un tipo di apprendimento che unisce il sapere e il saper fare. S’impara facendo, confrontandosi con gli altri e spiegando come e cosa è stato imparato.
Ambienti e spazi di apprendimento cambiano arredamento e destinazione, vengono introdotti nella scuola atelier creativi cioè spazi, a volte inseriti dentro le classi stesse, in cui si cerca di comprendere meglio come lavorano gli strumenti tecnologici per poterli utilizzare in modo sempre più creativo e proficuo.
Si fanno quindi esperienze di robotica, coding, pensiero computazionale, cittadinanza social-attiva per imparare ad utilizzare in modo responsabile, utile e costruttivo questi strumenti senza giungere per forza a conseguenze negative.
Noi insegnanti possiamo facilmente rimanere indietro perché la tecnologia fa passi da gigante e cambia spesso seguendo più spesso l’evoluzione dei giovani che quella dei “meno giovani”. Ma questo non vuol dire che non possiamo apprezzare il cambiamento e cercare comunque di approfittare dell’opportunità di sfruttare al massimo le risorse digitali disponibili.
Molti strumenti digitali per la creazione di contenuti sono facilmente reperibili on line, basta digitarne i nomi sui motori di ricerca: Screencast e Bandicam (software liberamente scaricabili dal web in versione gratuita per la realizzazione dei video che catturano le attività svolte sul proprio schermo del PC), Adobe Spark e Biteable (siti che offrono la costruzione guidata per le presentazioni), video preesistenti e tutorial, creati dagli stessi ragazzi e colleghi, sulla piattaforma di Youtube, e quiz (giocosi) per la rilevazione degli apprendimenti (o per il feedback sulla comprensione e il coinvolgimento delle lezioni) sul sito di Wordwall. In fine pratiche bacheche digitali di Padlet in cui raccogliere tutti i materiali o le consegne organizzate secondo le discipline e i giorni della settimana.
Ma che tipo di insegnante è richiesto nella “scuola nuova”, in cui sono cambiate esigenze e studenti ed è andato in crisi il modello di apprendimento basato sulla lezione, lo studio a casa e le interrogazioni? Una scuola in cui l’organizzazione e le strutture attuali appaiono inadeguate a fronte dei nuovi bisogni e dei nuovi modi di apprendere, basati sulla partecipazione e sulla collaborazione.
Per poter progettare percorsi formativi adeguati e realizzare moderni obiettivi di crescita personale per i nostri studenti prima di ogni cosa dobbiamo puntare su noi stessi. La nostra professionalizzazione e realizzazione personale ricadranno inevitabilmente su quella dei nostri discenti.
Possiamo fare altro?
La piattaforma https://www.360digitalskill.it/ raccoglie contenuti multimediali per lo sviluppo e aggiornamento delle competenze e attitudini digitali delle persone e per accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni nella comprensione e nell’attuazione della trasformazione digitale e favorirne l’incontro con i migliori fornitori tecnologici.
Inoltre è possibile accedere a materiali multimediali di Rai per la didattica, Treccani scuola, Fondazione Reggio Children – Fondazione Malaguzzi.
Possiamo, ancora, lavorare con un altro collega o all'interno di un gruppo più grande, dedicato a una specifica materia oppure organizzato su base annua.
Possiamo condividere con i colleghi vicini (e lontani) quello che abbiamo imparato.
Infine
"Motivazione e qualificazione degli operatori dell’educazione, sviluppo professionale continuo, comunità di apprendimento professionale e virtuale concorrono alla realizzazione di un progetto educativo moderno che contrasta la prepotenza di questa emergenza educativa dilagante."