sabato 27 ottobre 2018

Pensa come ALBERT EINSTEIN



“Pensa come Albert Einstein” è un validissimo testo della collana AllenaMente genius di Editoriale Scienza che somiglia ad una narrazione ed allo stesso tempo un percorso che allena la mente alla ricerca, alla logica, al metodo scientifico in una veste grafica moderna ed accattivante. Un viaggio nel passato per scoprire la mente del celebre scienziato. Si legge, ad esempio, che Einstein aveva una spiccata immaginazione e che la sua intelligenza visuale è stata fondamentale nella formulazione delle sue teorie. Super consigliato per bambini curiosi e giovani menti da allenare e motivare.



Albert Einstein (1879-1955), è stato uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi. Il suo contributo è stato fondamentale per il ripensamento radicale della fisica di inizio Novecento, sia con la formulazione originale della teoria della relatività, sia con i suoi studi nella fisica dei quanti. Premio Nobel per la Fisica nel 1921, restò per tutta la vita un punto di riferimento del pensiero scientifico. 
Eppure il piccolo Albert parlò con ritardo (intorno ai 2 -3 anni), ebbe difficoltà a legare con i coetanei e imparò a leggere all’età di nove anni. Mostrò un netto rifiuto per l'autorità e sembrerebbe che, a un certo punto, la sua famiglia temesse fosse autistico o ritardato. Amava intrattenersi con attività manuali e già a 12 anni leggeva già trattati di Fisica. Il suo percorso scolastico risultò comunque travagliato e il suo genio spesso frainteso. Eppure venne definito l'uomo del secolo e la sua carriera costellata di numerose conquiste.

Quando guardo negli occhi alcuni allievi mi vengono sempre in mente personaggi come lui e mi chiedo se il mio compito, così spesso sottovalutato dalla società, non sia destinato a guidare grandi uomini e grandi donne del futuro. Questo mi spinge a guardare oltre le apparenze e oltre le difficoltà iniziali di ciascuno di noi.

Maestra Consuelo



Scuola - Lavoro in team: motivazione e collaborazione

Il gruppo (team work) funziona se condivide uno scopo, ha un obiettivo in comune, che lavora in stretta collaborazione e condivide i vantaggi dei successi. Il team funziona quando obiettivi e metodi sono chiari e condivisi e quando tutto il gruppo sa gestire il tempo, definire e rispettare ruoli, procedure e regole. Ma è davvero possibile  una condivisione totale di intenti ed azioni educative? Quanto può pesare la capacità di rendere flessibile il proprio lavoro nella disponibilità di incontrarsi e confrontarsi con i propri colleghi e adattare il proprio stile di insegnamento? E' possibile trovare una mezza via a quello che è la vita e gli impegni personali con gli inpegni scolastici?

L'insieme delle competenze che garantiscono l’efficacia dell'interazione col gruppo di lavoro a scuola (la cosiddetta Team Leadership) si trova tra individui che curano lo sviluppo delle proprie abilità sociali e ne riconoscono l'importanza nel trasmetterle ai loro allievi (maturità emozionale, fiducia in se stessi e abilità interpersonale, ascolto, empatia e capacità logica, dialettica e di guidare il gruppo alla conoscenza del proprio punto di vista).
I soggetti coinvolti dovrebbero essere accomunati da obiettivi relativi alla costruzione di rapporti tra pari e con le famiglie, pianificare ed organizzare eventi ed interventi significati e di spessore umano e culturale, fare sistematiche verifiche, ricercare  feedback del lavoro svolto e negoziare nelle valutazioni degli allievi dando il proprio contributo.
Se si fosse anche in grado di avere lasciare il giusto margine di autonomia decisionale sarebbe perfetto.

La motivazione è forse il terreno più complesso da affrontare perché riguarda processi che dovrebbero stimolare un individuo verso il raggiungimento di obiettivi assegnati. Molto spesso però anche a fronte di obiettivi chiari, di una linea di gestione cristallina, ci si trova di fronte persone professionalmente molto valide che sono però profondamente demotivate ad impegnarsi nel loro lavoro.

I fattori che influenzano la motivazione in ambito scolastico evidenziano:
  1. aspettative personali che vengono disattese e dati raccolti nei feedback che non rispecchiano il pensiero degli individui coinvolti nel teamwork;
  2. successo che si riconduce ad un mero successo formativo dell'allievo, poco esaltato, e viene trascurato il successo personale ottenuto fuori dall'ambito lavorativo;
  3.  coinvolgimento ostico, poichè a cotanto impegno corrisponde cotanto riconoscimento (non solo di tipo economico) in misura inversamente proporzionale, gli orari dedicati agli impegni burocratici sono a volte esasperanti;
  4.  ambiente di lavoro e clima lavorativo continuamente minati da burocrazia e limitazioni legali ed economiche. Non si dispone di spazi adeguati e si è a volte costretti a lavorare con colleghi che non si gradiscono, con cui non si condividono interessi ed intenti e con cui non si riesce a coltivare nessun tipo di affinità. 
  5.  apertura nella comunicazione tra pari e con il gruppo dirigenziale;
  6.  prospettive di carriera (...).
A tutto ciò si aggiunge la necessità di gestire inevitabili conflitti all'interno dell'ambiente lavorativo e nel tem work che non sempre raggiungono un'adeguata negoziazione cooperativa dei soggetti coinvolti.
 Gli studi sulla gestione dei conflitti hanno individuato una serie di interventi attuabili come:
  •  Separare le persone dai problemi
  •  Identificare i bisogni delle persone coinvolte nel conflitto
  •  Creare una meta identificabile raggiungibile e verificabile
  •  Produrre una o più soluzioni vantaggiose e di qualità
  •  Adottare criteri di valutazione obiettivi e ragionevoli che consentono di salvaguardare le relazioni personali
  • Se l’intervento è stato efficace tutti i membri del gruppo sono soddisfatti, sentono di trarre vantaggio dalla soluzione trovata e di conseguenza sono maggiormente stimolati nel loro lavoro e motivati a far parte del gruppo.
    Maestra Consuelo






Docente riflessivo o docente solo?

 Il professore Schön, del MIT, scrive nel suo libro “Il professionista riflessivo”: “ascoltandosi reciprocamente e ascoltando se stessi, sentono in che direzione sta andando la musica e di conseguenza adattano il loro modo di suonare..”.
L’autore rappresenta la categoria dei professionisti a lavoro sul campo, includendo molte professioni tra cui l’educatore e l’insegnante, come dei musicisti jazz che riflettono continuamente nel corso dell’azione e che cercano di armonizzare la propria prestazione con gli altri, al fine di contribuire tutti al meglio all’opera che stanno producendo.
Molte riflessioni prendono strada e mi chiedo se non fosse meglio che il dirigente, lo staff del dirigente, i tutor di istituto, le commissioni ed i colleghi tutti non dovrebbero sentirsi parte di un team unico che ha l’obiettivo di “migliorare la qualità dell’insegnamento diffondendo competenze professionali adeguate e buone pratiche“ e invece viene sempre più delineandosi la figura del docente che soffre di solitudine più che riflessivo.
Ciò sempre ripensando a quel professionista riflessivo che continuamente misura e aggiusta il tiro, mette a posto il proprio strumento. Può emergere ad esempio che per alcuni argomenti l’insegnante stesso senta l’esigenza di materiale un po’ nuovo, più stimolante, con cui progettare le lezioni, oppure che senta l’esigenza ad esempio di confrontarsi con gli altri docenti su come costruire i propri interventi per gli allievi e per se stesso.
Ci sono eventi, programmi conduco e progetti che stimolano la produzione di materiali e il loro utilizzo da parte dei docenti: poter mettere in condivisione, in rete, anche quanto fatto in altri contesti durante i momenti di formazione tra pari o modificare ciò che già c’è secondo le esigenze del momento è un’altra opportunità che può essere sfruttata. La condivisione e la comunicazione tra docenti sono dunque alla base di un processo virtuoso che presenta numerose difficoltà qualora si voglia concretizzare. In primis la scarsa disponibilità di tempo, talvolta le stesse risorse umane che vengono utilizzate in modo trasversale su molti impegni e progetti. La necessità di investire in energie ed avere la predisposizione al confronto, il continuo mediare in una professione che vale tutto e poi non vale niente. Voi cosa ne pensate?


 
 

venerdì 5 ottobre 2018

SUDOKU - per imparare a pensare.

Il Sudoku Classico è un gioco combinatorio di origine giapponese, costituito da un quadrato diviso in 81 caselle su alcune delle quali è presente un numero compreso tra 1 e 9; il gioco consiste nel riempire tutte le caselle utilizzando i numeri dall'1 al 9, in modo che nessuno di questi compaia più di una volta in ogni singola colonna orizzontale o verticale e nei nove quadrati più piccoli, di nove caselle ciascuno, che formano il quadrato di partenza.
Ne esistono di veri livelli e difficoltà, a seconda dei quali alcune caselle sono già riempite da numeri che ne consentono una risuluzione facilitata.
L'implicazione didattica che ne deriva è notevole. Con il Sudoku il bambino si impegna a ragionare e la ricerca dei numeri mancanti nelle righe, nelle colonne e nelle regioni più scure sono un validissimo esercizio logico-matematico e di orientamento spaziale. Utile a tutte le età!!!
Esistono griglie di sudoku per aiutare i bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria a progredire in matematica divertendosi. Il sudoku, infatti, richiede le stesse competenze necessarie per risolvere i problemi di matematica: analisi, concentrazone, osservazione, ricerca della soluzione attraverso iterazioni successive, calcolo mentale.
Il Mini Sudoku (o Sudokino) è la variante più adatta da presentare ai bambini: 16 caselle (4 X 4) da riempire con i numeri da 1 a 4 in orizzontale, verticale e per settore.
Il Sudokello ne ha 36 (6 X 6) con una difficoltà crescente per arrivare al Sudoku classico pracitato.








Altri sudoku per bambini da stampare seguendo questo LINK 1  -  LINK 2