sabato 27 ottobre 2018

Docente riflessivo o docente solo?

 Il professore Schön, del MIT, scrive nel suo libro “Il professionista riflessivo”: “ascoltandosi reciprocamente e ascoltando se stessi, sentono in che direzione sta andando la musica e di conseguenza adattano il loro modo di suonare..”.
L’autore rappresenta la categoria dei professionisti a lavoro sul campo, includendo molte professioni tra cui l’educatore e l’insegnante, come dei musicisti jazz che riflettono continuamente nel corso dell’azione e che cercano di armonizzare la propria prestazione con gli altri, al fine di contribuire tutti al meglio all’opera che stanno producendo.
Molte riflessioni prendono strada e mi chiedo se non fosse meglio che il dirigente, lo staff del dirigente, i tutor di istituto, le commissioni ed i colleghi tutti non dovrebbero sentirsi parte di un team unico che ha l’obiettivo di “migliorare la qualità dell’insegnamento diffondendo competenze professionali adeguate e buone pratiche“ e invece viene sempre più delineandosi la figura del docente che soffre di solitudine più che riflessivo.
Ciò sempre ripensando a quel professionista riflessivo che continuamente misura e aggiusta il tiro, mette a posto il proprio strumento. Può emergere ad esempio che per alcuni argomenti l’insegnante stesso senta l’esigenza di materiale un po’ nuovo, più stimolante, con cui progettare le lezioni, oppure che senta l’esigenza ad esempio di confrontarsi con gli altri docenti su come costruire i propri interventi per gli allievi e per se stesso.
Ci sono eventi, programmi conduco e progetti che stimolano la produzione di materiali e il loro utilizzo da parte dei docenti: poter mettere in condivisione, in rete, anche quanto fatto in altri contesti durante i momenti di formazione tra pari o modificare ciò che già c’è secondo le esigenze del momento è un’altra opportunità che può essere sfruttata. La condivisione e la comunicazione tra docenti sono dunque alla base di un processo virtuoso che presenta numerose difficoltà qualora si voglia concretizzare. In primis la scarsa disponibilità di tempo, talvolta le stesse risorse umane che vengono utilizzate in modo trasversale su molti impegni e progetti. La necessità di investire in energie ed avere la predisposizione al confronto, il continuo mediare in una professione che vale tutto e poi non vale niente. Voi cosa ne pensate?


 
 

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